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VOLA ARTURO VOLA..a tu per tu con Arturo Mariani
Arturo è un ragazzo di 26 anni, nato con una gamba e che ama lo sport da sempre, in particolare il calcio, la cui vita sembrava averglielo precluso ma non nella sua testa e quindi sin da piccolo ha coltivato questa grande passione.
Questo sogno si è trasformato in realtà ed ho raggiunto grandi obiettivi, come quello di essere stato calciatore della Nazionale Calcio Amputati, disputando diversi Europei e nel 2014 un mondiale in Messico.
Ad oggi giro l’Italia incontrando ogni tipo di situazione, scrivo libri e cerco di condividere e trasmettere la “mentalità della vittoria”.
Attraverso incontri ed eventi riesco ad incontrare migliaia di persone, con il quale posso entrare in relazione. La vittoria più grande è vedere in loro il cambiamento reale. In ogni ambito: dallo sport al lavoro, scuole, aziende, università, diocesi, carceri e ospedali.
Quindi lo sport come palestra di vita o la vita come possibilità di fare sport anche quando sembra impossibile?
Diciamo che vedo la vita come una grande palestra, dove tutti, dovrebbero avere la possibilità di accederne e farne parte, come l’ho avuta io. Come hanno fatto i miei genitori che hanno accolto la mia vita, pur sapendo che sarei nato senza una gamba. Tutto lo sport, dovrebbe essere accessibile affinchè tutti possano viverlo secondo le proprie possibilità.
Parliamo di inclusione?
Lo sport è inclusione a 360 gradi perché il ruolo che può ricoprire a livello sociale sta diventando sempre più importante. Bisogna considerare lo sport come uno spazio aperto in cui ognuno può sentirsi accolto, valorizzato, guidato nel suo percorso di sviluppo. Deve entrare a far parte di una nuova cultura educativa e svolgere un ruolo fondamentale. Lo sport va visto e vissuto non solo come strumento di educazione e formazione, ma altresì come sviluppo di capacità e abilità essenziali per la crescita equilibrata di ciascun individuo.Quindi, principalmente come veicolo di inclusione, partecipazione e aggregazione sociale e che il diritto allo sport sia garantito per tutti.
Abbattere quelle barriere mentali dove la diversità è vista come un limite e rivoluzionare così il concetto di sport a 360°, basato soprattutto sul rispetto della persona valorizzando le diverse abilità.
Cominciare da dove?
Se la pratica sportiva può essere una macchina che favorisce l’inclusione sociale, il calcio ne è il motore principale; se gli atleti vengono educati sin da giovani alla cultura del rispetto, del divertimento e di una sana competizione, il messaggio diventa virale. Bisogna insegnare ai ragazzi la gioia del gioco di squadra, dell’aiutarsi reciprocamente, non esiste solo la bravura nel saper dribblare l’avversario. Si vince facendo gioco di squadra, al di là del risultato. Ho fatto esperienza diretta di cosa significa essere guardati con diffidenza ma anche di quanto invece sia importante entrare in sinergia per dare ognuno il meglio di sé.
Sto facendo la bellissima esperienza di allenare ragazzi del Guidonia, da atleta a Mister un bel salto di responsabilità ma mi sta accompagnando un grande entusiasmo.
Al mio fianco c’è Luca Maletta, mio amico da circa 20 anni, “la mia gamba”. Lui mi aiuta costantemente, magari anche per le cose più scontate, che per me scontate non sono, come far vedere un esercizio tipo: “Conduzione palla, interno destro, interno sinistro”!
A volte scherzo soprattutto con i bambini e utilizzo le stampelle come gambe.
“Stampella sinistra, piede, stampella destra, e tira!”
C’è un clima bellissimo in campo. In pochissimo tempo abbiamo costruito un piccolo nucleo famigliare, dove poter parlare, confrontarsi, divertirsi e, diventare, ancora prima di grandi calciatori, grandi persone.
In tutto ciò, inoltre, in, devo dire grazie alla David Di Michele Soccer Academy che mi ha dato questa opportunità, in particolare a Mauro Bencivenga, Mauro Benvegnù e David Di Michele con la quale abbiamo stretto un rapporto di sincera amicizia.
Mi sono trovato subito a casa, ho riconosciuto in loro la passione, il rispetto e i valori che devono muovere ogni società sportiva, e ogni singola persona.
Non riuscirei mai a lavorare senza queste basi.